L’unzione di Betania
di Marco Tibaldi
(tratto da M. Tibaldi, La Porta del cielo, ETS, Milano 2013)
Dono da chiedere nella preghiera
- Gustare il profumo che si spande nella casa di Betania come segno dell’amore gratuito e senza limiti di Gesù
Mc 14
[1]Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. [2]Dicevano infatti: “Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo”.
[3]Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo. [4]Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: “Perché tutto questo spreco di olio profumato? [5]Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei.
[6]Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona; [7]i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. [8]Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. [9]In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto”.
Il contesto dell’episodio
Betania è un villaggio alle porte di Gerusalemme. Qui Gesù si recava volentieri perché vi risiedeva la famiglia di Lazzaro con le due sorelle Marta e Maria. Un luogo ove potersi riposare dalle fatiche apostoliche lontano dagli sguardi della folla. E proprio a Betania comincia l’itinerario immediato che lo porterà alla Passione. In questo brano infatti tutti gli evangelisti condensano il motivo che ha condotto i discepoli, Giuda in testa, a prendere le distanze da Gesù: il suo modo di fare, all’insegna della gratuità e dello spreco. Per l’evangelista Marco, che anche noi seguiamo, l’unzione si svolge nelal casa di Simone il lebbroso
L’episodio si inserisce in una cornice drammatica per Gesù: ci sono dei nemici che hanno già preso una decisione e cercano di metterla in pratica con lucida determinazione. C’è una passione da vivere perché non si può pensare di aiutare le persone, di liberarle dalle loro paure e dalle loro fatiche, dal loro pes-captum, il piede preso al laccio, il peccato, senza pensare che questo non si riversi su chi aiuta. Gesù non libera magicamente: lui si fa carico del prezzo da pagare perché l’altro possa essere liberato. I sommi sacerdoti e gli scribi cercano di usare l’inganno perché tutte le altre armi sono spuntate, non sanno di essere loro nell’inganno, usano l’inganno perché i loro occhi sono ingannati.
Punti per la meditazione
A Betania nella casa di Simone… Immaginare la casa di un uomo che ha o ha avuto a che fare con la lebbra, l’odore che emana è il fetore grave della malattia che riempie di sé la casa, essa dice chi siamo anche con gli odori. Se ci è capitato di entrare in casa di un malato sappiamo di che si tratta. Immaginare gli sguardi e i commenti di chi sta all’intorno: entrare nella casa di un impuro, a quel tempo era difficile passare inosservati in un villaggio, nel vedere il Maestro che ha una simile frequentazione. Nel vangelo di Luca, Simone è definito semplicemente come il fariseo, e allora il problema non è la lebbra ma la donna peccatrice che si porta a toccare i piedi di Gesù, un contatto molto intimo e persistente che dà adito anch’esso a problemi. Immaginarmi nei panni di un passante che vede Gesù entrare in quella casa.
Cosa provo e penso nel vedere che il Maestro fa un’azione riprovevole e vietata? Ricordare che il lebbroso non solo è contagioso, ma la malattia nei tempi antichi è la maledizione che si scaglia su chi ha peccato, ed entrare in casa di un peccatore vuol dire contaminarsi con ciò che lui è, sporcarsi. Stupore “non c’erano altre case in cui entrare in Betania?”, rabbia “quest’uomo non rispetta nulla!”, gioia “il Maestro è proprio amico di tutti”, gelosia “perché proprio lui e non me?”, rancore “bisogna fargliela pagare!” Vediamo come già in questa scena si creano degli schieramenti, pro o contro le sue azioni.
Mentre stava a mensa…. una donna… è normale a quel tempo l’accesso ad una sala con un banchetto, soprattutto per una donna perché erano esse a servire. Ma si nota subito che la scena è pronta per compiere uno zoom su di lei per via di quel vasetto così prezioso che reca in mano. L’evangelista Giovanni la identifica con Maria, la sorella di Marta che ha capito qual è la cosa più preziosa, Luca la identifica con una peccatrice che si è data a tutti, ma finalmente ha trovato il suo sposo e desidera donarsi a lui solo. Dentro questa figura perciò ci stanno tutte le donne, più pronte nell’amore come una sposa pronta ad amare il suo uomo, tutti coloro che hanno fatto una scoperta preziosa e desiderano comunicarla attraverso se stessi, senza usare le parole.
Un vasetto di alabastro… di nardo genuino… valore: si sottolinea in tutti i modi la preziosità dell’oggetto che la donna ha recato, un contenitore prezioso per un oggetto ancora più prezioso, c’è tutto un intensificarsi della scena che porta a puntare l’attenzione lì, su quel profumo da cui si muove tutta la storia. Ho mai avuto tra le mani un profumo molto prezioso, lo Chanel n 5 della situazione? È un oggetto fatto per durare nel tempo il profumo, goccia dopo goccia, per valorizzare le persone. A quei tempi l’unzione era per i re, e giungere con quel profumo è come a consacrare una presenza in quella casa, dire coi gesti questo fatto implicito nelle parole: “tu sei il mio re, per me sei un re, il re della mia vita e davanti a questo non c’è niente di abbastanza prezioso che possa rendere l’idea, mi metto alla tua testa e in un’altra versione ai tuoi piedi per ungerti tutto, perché tu sei il mio tutto”.
Alcuni che si sdegnarono… perché questo spreco?.. Ed erano infuriati… Lo spreco ci dà fastidio perché c’è qualcuno che viene a patirne, quello che viene a patirne nella scena è il nostro senso della giustizia, lo spreco infatti è la logica del dono, del perdono che è un grande spreco perché è un superdono, un dono molto più grande di quello meritato, si perdona, si viene perdonati proprio perché abbiamo combinato qualcosa per cui non ce lo meritiamo, ma qualcuno misericordiosamente si fa carico della nostra colpa e ce ne toglie il peso. I farisei sono infuriati perché sono nell’economia del possesso.
Lasciatela stare…. ha compiuto… Ha fatto ciò che era in suo potere, ungendo in anticipo… cosa fa Gesù? Difende la donna, si fa carico del suo gesto, è un gesto non cercato, non richiesto, ma Gesù ha riconosciuto qualcosa in esso che gli è simile, che ben conosce, che fa parte del proprio stile e vuole che per questo venga riconosciuto dagli altri. È il brano che introduce alla passione del Signore, come a dire che la passione è questo spreco qui, questo dono preziosissimo, di inestimabile valore che fa Gesù donando se stesso, una cosa che sfugge alla nostra comprensione come il gesto che fa la donna, perché sta nella logica di donare e non in quella del dare e avere. Questo brano prepara la Pasqua che è la festa dello spreco per eccellenza, il profumo soave è il corpo di Gesù che si espanderà in dono. Noi facciamo fatica a capirlo e ci chiediamo: era proprio necessario questo sacrificio, perché? Perché è difficile accettare che uno ti voglia bene e ti perdoni gratis. Questo profumo di soave odore esprime coi fatti quello che avverrà nella sua passione, quando il suo sangue verrà versato come il liquido del vaso, il suo corpo sparso in sacrificio.