L’incontro di Maria Maddalena con il risorto
(Rielaborazione da Rossi de Gasperis, È risorto non è qui!, pp. 36-40)
Dono da chiedere nella preghiera:
- Incontrare il Signore risorto nonostante i nostri fraintendimenti
Gv 20, 1-18
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.
Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro””. Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto.
Punti per la meditazione
- Maria cerca e ama il Signore come una cosa da possedere, da custodire, da ricordare con assoluto amore, come un preziosissimo oggetto smarrito da ricuperare. In un tale atteggiamento non è difficile scorgere l’atteggiamento che istintivamente la comunità riconosce in sé dopo la risurrezione di Gesù: “E adesso che facciamo? Dove sta il Signore ora che la sua tomba è vuota? Come si fa a trovarlo e a mettersi in contatto personale con Lui? Dove possiamo localizzarlo, dal momento che non lo vediamo più tra noi?”. La comunità riconosce di essere mal orientata nella ricerca del Signore: corre verso il sepolcro vuoto, cerca un oggetto da custodire, ma fino a quando si comporta così, essa corre tra le tenebre. Un comportamento che è ancor più messo in luce da quanto risulta dalla corsa inane di Simon Pietro e dell’altro discepolo, quello che Gesù amava, che la donna è andata ad avvisare della sua scoperta.
- Anche gli angeli, però, stanno immancabilmente lì presso, pronti a raddrizzare lo sguardo e il cuore della donna e di tutta la Chiesa. Gli angeli le domandano: “Donna perché piangi?”. La risposta che segue mostra che Maria insiste nel cercare un oggetto, la cui assenza scatena ancor più il suo pianto. Una cosa è certa per lei, se il suo Signore esiste, esiste come un cadavere portato via da qualcuno: “E non so dove l’hanno messo”.
- L’espressione “il mio Signore (ton kyrion mou)”, ritradotta in ebraico (ba’al sheli) può assumere anche il senso molto forte di “mio sposo” (cf. Gen 20,3; 2Sam 11,26; Ger 31,32; Os 2,18; Gl 1,8; ecc.). Questo conferisce al racconto una delicata sfumatura sponsale, che viene rilevata da un testo parallelo del Cantico dei cantici citato comunemente dalle nostre Bibbie (Ct 3,1-4).
- Che significa questo strano modo di presentarsi da parte del Risorto? In tutti i suoi incontri con i discepoli, che lo hanno ben conosciuto nella sua condizione terrena, essi rimangono incapaci di riconoscerlo, finché ne rimane a essi l’iniziativa. Pur trovandosi alla presenza del Signore risorto, Maria, con tutta la sua intraprendenza, resta a mani vuote, piangente, curva sul sepolcro, completamente smarrita, impotente e insensata nelle sue domande. Allora, con un’immensa tenerezza, lo Sposo chiama la sposa per nome: “Mariam!” (Gv 20,16). Il suo nome, pronunciato da quella voce nota e insieme totalmente nuova, animata da una vitalità trascendente, cade inaspettata su Maria come un fulmine che la incendia. È come se cielo e terra si mettessero a girare attorno a lei e un tuono l’avvolgesse tutta! Ella si volta (strapheîsa) e un solo grido esce in ebraico dalla sua bocca: “Rabbouni!” (che significa ‘Maestro mio!’). Il “voltarsi” qui non indica più l’agitazione interiore ed esteriore, come nel v. 14, quando i suoi occhi andavano dagli angeli al custode del giardino, bensì la finale conversione del cuore e dello sguardo della sposa sullo Sposo.
- La catechesi è chiarissima, ed essa rimarrà la medesima in tutti i vangeli della risurrezione. È possibile “vedere” Gesù risorto e “riconoscerlo”, solamente quando egli per primo prenda l’iniziativa di farsi vedere e riconoscere. Egli ormai non è più l’oggetto di una ricerca umana, sia pure appassionatamente amorosa. Quando l’essere umano si fa soggetto nei confronti del Signore, come “un ricercatore di Dio” che voglia mettere le mani su di lui (come pretenderebbe Tommaso: Gv 20,24-25), finisce sempre per trovarsi piegato in lacrime davanti a una tomba vuota.
- La presenza del Risorto non si impone mai con l’evidenza indubitabile di una cosa che si trova. Finché lo cerchiamo come un oggetto, e pretendiamo di tenerlo tra le nostre mani (“Non mi trattenere!”), i nostri occhi sono impediti di riconoscerlo (Lc 24,16). Se giungiamo a scorgere qualche cosa, vediamo tutt’al più un viandante (Mc 16,12; Lc 24,15-18), o un ortolano (Gv 20,15), o qualcuno sulla riva del lago, velato dalle brume mattutine (Gv 21,4). Anche se ci troviamo già alla sua presenza, possiamo credere ancora di avere davanti un fantasma, uno “spirito” (pneuma: Lc 24,36-43). Quando però Egli prenda l’iniziativa di farsi soggetto nei nostri confronti, e si faccia “vedere”, tutto si capovolge in noi. Lasciando la nostra presa, siamo noi adesso a sentirci presi da Lui (Fil 3,7-14). Gli occhi si aprono e il cuore ci arde dentro (Lc 24,31-32) e cadiamo ai suoi piedi come morti (Ap 1,17-19; cf. At 9,3-9; 22,6-11; 26,12-18).