La strage degli innocenti
di S. Fausti
(tratto da S. Fausti, Una comunità legge il vangelo di Matteo I, EDB Bologna 1998, 29 – 33 passim)
Dono da chiedere nella preghiera:
- Accogliere il Nazoreo come il tutto della mia vita perché il lui “abita corporalmente la pienezza della divinità” (Col 2,9)
- Non aver paura dello scatenarsi del male di fronte al sì di Dio avvenuto con l’incarnazione di suo Figlio
Mt 2
[13]Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”.
[14]Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, [15]dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.
[16]Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. [17]Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:[18]Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.
[19]Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto [20]e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. [21]Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. [22]Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea [23]e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”.
Punti per la meditazione:
Un angelo del Signore appare in sogno. Giuseppe come il suo omonimo venduto dai fratelli, è “sognatore”: nella profondità del suo cuore puro, vede Dio (cf 5,8). Il sogno a noi sembra irreale; invece è il principio di ogni realtà. Uno, anche se non lo sa, realizza sempre i suoi sogni. Ma sono quelli di un cuore puro o impuro? I sogni di Dio alla fine sempre si compiono, anche se a noi sembrano impossibili (Sal 126,1: At 12,9; Lc 24, 11.37)
Erode sta cercando il bambino per ucciderlo. Erode è figura del faraone all’interno di Israele, della Chiesa e di ciascuno di noi. Nella nostra “paganità”, come c’è la ricerca dei Magi per adorare il Signore, così c’è la ricerca di Erode, che, come il faraone, ucciderà i figli. Gesù miracolosamente salvato come Mosè, entra in Egitto per compiere il nuovo esodo. I bambini (in greco significa anche “servi”) di Bethlem rappresentano il sangue di tutti i giusti, da Abele a Zaccaria( Lc 11,51), dal primo all’ultimo innocente della shoà. Prefigurano il sangue del Servo, il Figlio che salverà i fratelli. Il destino dei giusti – e dei peccatori – è lo stesso dell’unico Giusto che si è fatto per noi peccato (2Cor 5,21).
Una voce fu udita in Rama. È il grido di Rachele, sepolta in Rama, presso Bethlem, che vede sfilare davanti a sé i suoi discendenti deportati in Babilonia. L’esilio è conseguenza del peccato proprio. Non si tratta come in Egitto, di giusti che ingiustamente soffrono, ma di ingiusti che giustamente soffrono. Questa però non è la giustizia di Dio: il figlio esiliato è compianto, come dalla madre Rachele, così anche dal Padre. Dio piange per l’esilio dell’uomo. In Geremia l’esilio è il luogo della liberazione definitiva: colui che ci ama di amore eterno dice di non piangere perché ci riedificherà, ci perdonerà, farà con noi un’alleanza eterna, e così tutti conosceremo il Signore.
Perché non sono più. L’esilio è la morte del Figlio: l’infedeltà lo riduce a non essere più. Io-Sono, nel suo amore, lo ricondurrà all’esistenza; ma non più con i segni di potenza, come in Egitto, ma con l’impotenza della croce, prefigurata nella shoà dei bimbi-servi. IL cammino del Figlio passa attraverso la solidarietà con i fratelli nella loro oppressione e nel loro peccato, fino alla maledizione del loro non essere più, facendosi lui stesso abbandono, maledizione e peccato (27,46; Gal 3,13; 2Cor 5,21), perché ogni abbandono non sia più abbandonato, neanche l’abbandono di Dio. La croce sarà vicinanza di Dio a ogni abbandonato da Dio (27,46)