Il cieco di Gerico
di Marco Tibaldi
(tratto da M. Tibaldi, La Porta del cielo, ETS, Milano 2013)
Gesù è in cammino verso Gerusalemme. Ha già annunciato ai discepoli che lì dovrà essere arrestato, processato, messo a morte e ucciso per poi risorgere. Ma i discepoli non hanno capito, sono arrabbiati e intimoriti come ha fatto Pietro nel primo annuncio della passione (Mc 8,31), oppure fraintendono completamente il senso della sua missione perché la pensano come una vittoria politica che darà fama e successo, come gli dicono espressamente Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo (Mc 10,35-40). Pensano di vederci ma sono accecati. Per questo l’evangelista colloca qui l’episodio della guarigione di un cieco, che gli apostoli giudicano una persona lontana dalla verità perché pensano che se uno è cieco è per colpa sua (Gv 9,1) e invece è l’unico che ha il giusto atteggiamento verso Gesù: sa di essere cieco e vuole vederci, a tutti i costi.
Dono da chiedere nella preghiera
- Conoscere i motivi che bloccano il nostro grido verso il Signore
- Chiedere di sperimentare il suo amore che guarisce le nostre cecità
Mc 10
[46]E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. [47]Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. [48]Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. [49]Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. [50]Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. [51]Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?”. E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista!”. [52]E Gesù gli disse: “Và, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
L’incontro tra Gesù e il cieco di Gerico mette a tema la difficoltà di non lasciar spegnere il desiderio di cambiamento che si sente dentro di sé, il desiderio cioè di non censurare il proprio grido. Ci sono infatti delle voci interiori ed esteriori che cercano di mettere a tacere quel grido. Dietro ad esse si celano una serie di pregiudizi nei confronti di Dio e di Gesù su cui la Scrittura ci invita a riflettere. Vediamone alcuni.
Il primo motivo per soffocare il grido è credere che esso vada contro la volontà di Dio, che cioè Dio voglia positivamente la sofferenza dell’uomo, che alcuni li abbia destinati alla felicità, altri invece no. La Bibbia, invece, afferma che Dio è «amante della vita»(Sap 11,26) e la morte e il dolore non sono una sua invenzione (Sap 1,13-14). Per questo Gesù li combatte in ogni modo fino a trasformarli in un’occasione di amore.
Il secondo motivo che blocca il grido è pensare che non si è degni di meritare la guarigione, che Dio guarisce solo i ‘buoni’ o coloro che intendono ricambiare il suo gesto. In questo caso però, come anche negli altri, Gesù non ha chiesto nulla in cambio, solo si è premurato di scoprire il desiderio reale del suo interlocutore.
Il terzo motivo è ritenere di doversi rivolgere a Gesù o a Dio solo in un ‘certo’ modo, per cui il modo sgraziato del grido non va bene, è da maleducati. Eppure Dio aveva ascoltato il grido del suo popolo che saliva a lui (Es 2,23-24), mentre gli ebrei erano schiavi in Egitto; e così fa Gesù che non critica il modo di rivolgersi a lui. Egli stesso, nel momento culminante della sua passione, grida al Padre (Mt 27, 46). Per la Bibbia non c’è dunque un modo giusto o sbagliato di rivolgersi a Dio.
Il quarto motivo è pensare che Gesù si debba occupare prima degli altri dei più bisognosi. In realtà dietro a questa motivazione, può celarsi una sottile ma tenace vena di orgoglio che, come per Naaman (2 Re 5,1-16), non vuole accettare la gratuità della salvezza. Anche a noi sarà capitato, davanti ad un regalo più grande di quello che ci aspettavamo, di dire “Non posso accettare!” Da un lato ci fa piacere che ci sia qualcuno che ci vuol bene gratuitamente e ce lo manifesta, però dall’altra il nostro orgoglio si sente ferito e ci spinge a non accettare il dono. Ma questa è una tentazione che Gesù vuole smascherare.
Il quinto motivo è ritenere che le nostre cose, i nostri bisogni sono poco importanti, che Dio si interessa solo alle questioni esistenziali, alle grandi domande e non ad esempio al lavoro, agli affetti, agli amici, al tempo libero, alla salute…
Queste voci, nel nostro brano, sono impersonate dai discepoli che accompagnano Gesù, voci che non spengono il grido del cieco che vuole ammaestrare anche il nostro desiderio di vita e di pienezza, invitandoci a non rassegnarci a non tenere chiuse le nostre labbra ma a manifestargli i nostri bisogni.