Monte degli ulivi
Dominus Flevit
Il Monte degli Ulivi è ricco di memorie biblico-cristiane. Il pianto e il lamento di Gesù sulla Città Santa sono commemorati in questo luogo, sulle pendici della montagna, dall’epoca medievale.
Qualcuno che ascolta potrebbe dire: il significato di queste parole è evidente; esse si sono effettivamente compiute per quanto riguarda Gerusalemme: l’armata romana l’ha assediata e saccheggiata fino alla distruzione, e verrà un tempo in cui non resterà di essa pietra su pietra. Io non nego affatto che quella Gerusalemme sia stata distrutta a causa dei delitti dei suoi abitanti; mi chiedo se per caso queste lacrime non si adattino anche a questa nostra Gerusalemme; siamo noi infatti la Gerusalemme su cui Gesù ha pianto, noi che crediamo di avere l’alta conoscenza dei misteri. Se, dopo aver conosciuto i misteri della verità, dopo aver ascoltato la parola del Vangelo e gli insegnamenti della Chiesa, dopo aver goduto la visione dei misteri di Dio, uno di noi pecca, Gesù si lamenterà e piangerà su di lui, in quanto non si piange sui pagani ma su colui che, dopo aver appartenuto a Gerusalemme, ha cessato di farne parte.
(Origene, Omelia 38,3 in Lc)
“Città di Dio, come è dolce guardare la tua bellezza dal monte degli Olivi!” scriveva il patriarca di Gerusalemme Sofronio (634-638) nelle sue celebri Odi sui luoghi santi.
I discorsi di Gesù sulla fine di Gerusalemme e del mondo (Mt 24; Mc 13; Lc 21) erano considerati dalla Chiesa antica misteri di salvezza rivelati agli apostoli come ai più intimi tra i suoi amici; in quanto misteri avevano la loro celebrazione liturgica, da principio in una grotta situata presso la sommità del monte e poi nella basilica voluta dall’imperatore Costantino (Eusebio di Cesarea, inizio IV sec.). La celebrazione si svolgeva il martedì della Settimana Santa: “Tutti, in quell’ora di notte, vanno alla chiesa che sta sul monte dell’Eleona (degli Ulivi). Giunti a quella chiesa, il vescovo entra in quella grotta nella quale il Signore soleva istruire i suoi discepoli, prende il libro dei Vangeli e, stando in piedi, lo stesso vescovo legge le parole del Signore…” (Egeria, fine IV sec.). In epoca crociata (XII sec.) nella medesima chiesa si pose anche il ricordo dell’insegnamento sulla preghiera: il Padre nostro. Resti molto decimati di questo edificio sono venuti alla luce nel 1910 non lontano dal recinto dell’Ascensione.
Il ricordo del Dominus Flevit, a mezza costa del monte, appare per la prima volta tra la fine del XIII e il principio del XIV secolo e si può considerare come discendente da quella antica memoria cristiana. Per segno si teneva allora una certa pietra posta in un campo; dal secolo XVI in poi il riferimento divenne una moschea detta el-Mansuriyyeh (ricostruita di recente), situata sul lato settentrionale della proprietà francescana.
Importanti scoperte archeologiche (padre B. Bagatti, 1953-54) furono fatte nel terreno appartenente alla Custodia di Terra Santa. Si rinvennero tombe della Gerusalemme cananea (XVI-XIV sec. a.C.), sepolcri ebraici dell’epoca di Cristo (I sec. a.C.-I sec. d.C.) con altri più tardivi (II-IV sec.), e un monastero di epoca bizantino-araba (VII-VIII sec.). Dai sepolcri ebraici provengono numerosi sarcofagi e ossuari, alcuni dei quali con iscrizioni o segni di possibile origine giudeo-cristiana.
Sui resti della cappella monastica è stato edificato l’attuale santuario (A. Barluzzi, 1956).
Tratto da “Sulle orme di Gesù, guida ai santuari di Terra Santa”, Edizioni Terra Santa, Milano – pp. 143-148