Gerusalemme, Gerusalemme
tratto da Antonella Carfagna, Francesco Rossi de Gasperis – Terra Santa e Libro Santo, Una lectio divina
Dalla strada che dalle profondità della ‘Aravah a nord del Mar Morto, presso l’oasi di Gerico, sale a Gerusalemme possiamo scorgere all’ingresso della piana di Buqeia, in pieno deserto di Giuda, la moschea e il santuario musulmano (Nebi Musa) che ricorda il luogo della sepoltura di Mosè con un cenotafio. I musulmani hanno bene interpretato uno dei sensi racchiusi nella sua morte. Pur sapendo che il luogo della sua sepoltura rimane misterioso, essi ne hanno collocato il ricordo al di qua del Giordano, cioè nella Terra Promessa. Mosè, condottiero anche nella morte, avrebbe, ancora una volta, preceduto il suo popolo nella conoscenza del segreto che fa entrare nella terra.
Il percorso ora è decisamente in salita. Da Gerico, la città più bassa del mondo a 390 mt sotto il livello del mare, a Gerusalemme (più di 800 mt sulla cima del Monte degli Ulivi) si copre un dislivello di circa 1000 mt. La strada attuale non è molto distante dal tracciato romano antico, che in alcuni ratti è facilmente discernibile. I luoghi diventano sempre più carichi di memoria evangelica. Tornano alla mente i viaggi di Gesù, specialmente l’ultimo, di cui i vangeli ci forniscono una testimonianza accurata, quando dalle profondità dei Gerico il Messia inizia la ripida salita fino a Gerusalemme attraverso il Monte degli Ulivi, e poi al Calvario e dal Calvario al Cielo, alla destra del Padre. La topografia è portatrice di sensi spirituali e la memoria evangelica trasfigura i luoghi. Gerico, con il carico di memoria biblica che conteneva, doveva rappresentare per Gesù l’ultimo ostacolo alla sua missione. Gesù sale a apiedi dalle profondità della terra, carcio del peso del peccato di quanti non si lasciano salvare e che stanno per crocifiggerlo. Egli attraversa le colline del deserto di Giuda che a primavera, subito dopo la stagione delle piogge, sono ricoperte per poche settimane di una peluria verde di erba e di fiori, che dovevano apparire, come oggi, ricamate da piccoli sentieri, i solchi prodotti dalle capre e dalle pecore al pascolo.
Avanziamo in vista di Gerusalemme e, salendo da oriente, scorgiamo le tre alture del Monte Degli Ulivi, con le loro tre torri. Al di là, oltre la Valle del Cedron, si trova a Città. Il sentiero percorso da Gesù si arrampicava da Betania a Betfage e poco più in basso si apriva sulla città da una terrazza panoramica. Gesù racconta ancora una parabola, quella delle mie fusa con quella del pretendente al regno, che torna da lontano. Gli uditori di Gesù pensano che il regno di Dio debba manifestarsi da un momento all’altro. Su questa attesa cade la decisione del popolo della parabola: ” Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”, che, tradotta, risuonerà davvero, pochi giorni dopo, nel pretorio di Pilato:”Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”. Il re, che viene nel nome del Sifgnore, entra comunque nella sua città, acclamato persino dalle pietee. Questo ingresso messianico, seguito dalla condanna del Messia, sarà un giudizio decisivo per il regno.
Gesù si incammina poi decisamente, in testa a tutti, nel salire verso Gerusalemme. sin da quando dalla Galilea si era diretto verso la città, il Messia portava nel cuore il magone per Gerusalemme. Qui, discendendo dal Monte degli Ulivi verso di essa, improvvisamente egli scoppia in pianto:
41Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa42dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.43Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte;44distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata»
Mentre conserviamo nel cuore la memoria dei fiorni della passione di Gesù, ci prepariamo alla salita ripercorrendo i Canti di Sion o i Canti delle ascensioni (shirim hamma’aloth), che erano intonati dai pellegrini in cammino verso la città santa. essi dovevano risuonare anche nel cuore di Gesù mescolati al pianto e al dolore. Gerusalemme, città della pace, che uccide i profeti, ora crocifiggerà il messia della pace, colui che viene a compiere la vocazione della città, destinata a essere il centro della pacificazione mondiale tra gli uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione. Solamente in Gesù e seguendo le sue orme potremo contemplare da un Monte degli Ulivi trasfigurato una Gerusalemme bellissima che discende dal cielo, da Dio, pronta come una sposa per il suo sposo.
2 Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!3 L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.4 Anche il passero trova una casa
e la rondine il nido
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio.5 Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.6 Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.7 Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente;
anche la prima pioggia
l’ammanta di benedizioni.8 Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.9 Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.10 Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.11 Sì, è meglio un giorno nei tuoi atri
che mille nella mia casa;
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende dei malvagi.12 Perché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina nell’integrità.13 Signore degli eserciti,
beato l’uomo che in te confida. (Sal 84)
Come i pellegrini ebrei, e più di loro, Gesù languiva di amore struggente per la dimore del Signore degli eserciti, il suo cuore e la sua carne fremevano di gioia nel Dio Vivente. Al suo cuore tenero e appassionato non passavano inosservate le creature più piccole: i passeri, le rondini che presso il Tempio del Signore trovavano un nido in cui riporre i loro pulcini. Anch’essi beati insieme a quanti abitano la casa del Signore con i quali vivono cantando eternamente le sue lodi.
La forza del pellegrino affonda le sue radici nel Signore: è tutta spirituale; il pellegrinaggio, prima di essere fisico, è quello che già si sta materializzando e consumando nel cuore. Se gli ostacoli e la fatica del percorso interiore sono alleggeriti perché si ripone nel Signore la propria fiducia, si sperimenta un accrescimento di forza fisica proprio quando invece dovrebbe avvertirsi maggiormente la fatica. E’ l’esperienza spirituale dei santi: “Quando sono debole, è allora che sono forte”.
L’acqua delle lacrime si muta in una sorgente o nell’acqua foriera di benedizione della prima pioggia autunnale. E Gerusalemme attrae a sé il pellegrino innamorato, che desidera prostrarsi in adorazione davanti al volto del Vivente. che qui si fa vedere. Ritroviamo il mistero di un Dio, sguardo spalancato come una sorgente di acqua viva, a cui l’anima assetata di un pellegrino anela.