I romani in Giudea
Sintesi tratta da L. Mazzinghi, Storia di Israele. Dalle origini al periodo romano, EDB 2007, pp. 137-169 passim.
L’arrivo dei romani in Giudea
I romani intervengono in Giudea su invito, per così dire, di un sovrano della dinastia asmonea, Ircano II in lotta per la successione con il fratello Aristobulo II. Pompeo si trovava allora in Siria ove aveva sconfitto definitivamente il regno seleucide, così in veste di mediatore e paciere poté nel 63 a. C. entrare in Giudea con le sue legioni e conquistare Gerusalemme, dove le porte della città gli furono aperte dai sostenitori di Ircano II, mentre quelli di Aristobulo II che si erano rifugiati nel tempio furono trucidati.
Tacito ricorda lo stupore di Pompeo che entrato nel tempio lo trovò assolutamente vuoto, privo di qualsiasi immagine di divinità, cosa incomprensibile ai suoi occhi di politeista. Comincia così il dominio incontrastato dei romani sulla Giudea. Aristobulo fu esiliato e Ircano II confermato nella carica di Sommo Sacerdote ed etnarca. Pompeo però ridimensionò il potere della sua dinastia, rendendo indipendente la Samaria e raggruppando le città ellenistiche della Transgiordania in una confederazione denominata Decapoli (ad esse Pomeo aveva aggiunto anche Bet Shean), di cui ci danno notizia anche i vangeli (Mt 4,25).
In questi anni, le vicende della Palestina si legano strettamente alle evoluzioni in corso nella politica romana. Dopo la morte violenta in Egitto di Pompeo, nel 48 d.C, si ha la fase dominata da Cesare morto nel 44 a. C. e quindi la lotta per la successione tra Ottaviano e Antonio che si conclude con la battaglia di Azio 31 a.C e la definitiva ascesa di Ottaviano che diventa il primo imperatore con il titolo divino di Augusto nel 27 a.C.
Erode il Grande e i suoi figli
Colui che meglio di tutti ha saputo interpretare e sfruttare queste evoluzioni è stato Erode il Grande, figlio di Antipatro, governatore dell’Idumea e poi della Giudea alleato di Ircano II, che riuscì ad ottenere da Cesare il titolo di re dei Giudei nel 37 a.C. In seguito, Antigono figlio di Aristobulo, grazie anche all’invasione della Palestina ad opera dei Parti, cerca di spodestare Ircano II, ma Erode con l’aiuto dei romani uccide Antigono e sconfigge i parti. Dopo la sconfitta di Antonio, Erode fa atto di sottomissione ad Ottaviano che lo riconferma nella carica di re dei giudei.
Erode amplierà di nuovo i confini del regno, costruirà numerosi palazzi e fortezze in tutto il paese (la fortezza Antonia a Gerusalemme, le torri della cittadella, un anfiteatro e un ippodromo, l’Herodium a Betlemme, le fortezze di Macheronte e Masada sul Mar Morto). Fonda la città di Cesarea Marittima, in onore dell’imperatore, che diventa la sede del procuratore romano e dell’amministrazione imperiale. La sua opera più importante è però l’ampliamento del tempio di Gerusalemme, iniziato nel 19 a. C. e terminato nel 63 d. C. poco prima della sua definitiva distruzione.
Nonostante questi lavori non ottenne mai il favore dei giudei, in quanto di origini idumee e molto legato alla cultura ellenistica.
Non a caso mandò due dei suoi figli a studiare a Roma; diede comunque un impronta greca alle città durante il suo regno, giungendo persino a costruire templi pagani. Morì nel 4 a. C. quando da due o tre anni era già nato Gesù Cristo. Alla sua morte scoppiarono disordini perché i giudei non volevano che continuassero a regnare i suoi figli. Per questo interpellarono anche Augusto, il quale però riconfermò il testamento di Erode, che divideva il regno affidando ad Archelao la Giudea, la Samaria e l’Idumea, a Filippo la regione a nord est del lago di Galilea, mentre Erode Antipa divenne tetrarca della Galilea e della Perea. Archelao era un violento come il padre, come ricordano anche i vangeli a proposito di Giuseppe che “avendo saputo che era re della Giudea Archelao, al posto di suo padre, ebbe paura di andarci” (Mt 2,22). A causa della sua crudeltà, Augusto lo richiamò a Roma e lo esiliò in Gallia nel 6 d.C.
La Giudea provincia romana di Siria
Dalla cacciata di Archelao, la Giudea diventa parte della provincia romana di Siria, amministrata da un governatore militare romano con il titolo di praefectus talvolta chiamato anche procurator, che aveva sede a Cesarea marittima. I romani non riuscivano a capire la mentalità giudaica tanto ostile ad ogni forma di idolatria, per cui erano considerate sacrileghe, oltre alle immagini, le effigi nelle monete, i trionfi e il culto dell’imperatore. Da questo momento, comincia una situazione quasi costante di ribellione e di disordini contro i romani che sfoceranno nelle due rivolte giudaiche (66-70 e 132-135 d. C.).
Il più celebre e discusso dei procuratori fu Ponzio Pilato in carica dal 26 al 36 d.C. Descritto da Filone di Alessandria, suo contemporaneo, come un uomo violento, venale, autore di numerose brutalità provocò con il suo atteggiamento dei veri e propri massacri, uno dei quali ricordato anche nel vangelo di Luca (13,1). Non è stato certamente un personaggio remissivo e dubbioso come lo dipingono i vangeli. Fu richiamato a Roma nel 36 e deposto dal suo incarico a causa dei suoi comportamenti.
Il governo dei figli di Erode
Il secondo figlio di Erode, Filippo (4 a C. 34 dC) governò in modo tranquillo la zona della Galilea che gli era stata assegnata. Fece ricostruire Betsaida, la città natale di Pietro, Andrea e Filippo (Gv 1,44) e abbellì Panias o Cesarea di Filippo ai piedi del monte Hermon.
Il terzo figlio di erode, Erode Antipa (4 a.C 39 d.C) fece costruire Tiberiade in onore dell’imperatore Tiberio. Sotto la sua giurisdizione si trovava anche Nazareth al tempo di Gesù che era formalmente suo suddito. Di carattere indolente, amante del lusso e della vita sregolata fu definito da Gesù una “volpe” (Lc 13,32). È ricordato anche per aver sposato Erodiade, moglie del suo fratellastro Erode Filippo (un altro dei figli di Erode il grande). Accusato da Giovanni di questo egli lo fece decapitare dopo averlo rinchiuso nella fortezza di Macheronte. Alla morte di Filippo, cercò di prendere anche il suo territorio e diventare re, ma l’imperatore Caligola lo esiliò in Gallia dove morì.
Dopo la morte di Filippo, Caligola aveva nominato al suo posto un nipote di Erode il Grande, Erode Agrippa I, il quale, una volta esiliato Erode Antipa, divenne governante anche della Galilea e della Perea. Nel 41 Claudio gli assegnerà anche la Samaria, la Giudea e l’Idumea, ricostruendo così idealmente il regno come era ai tempi di Erode il Grande.
L’inizio del regno di Erode Agrippa I fu sconvolto da una grave crisi scatenata dalla decisione di Caligola di volere una propria statua all’interno del tempio. L’imminente massacro fu impedito solo dalla morte violenta di Caligola ad opera dei suoi pretoriani nel 41 d. C. Erode Agrippa, uomo di cultura di tendenza ellenizzante, fece anche uccidere nel 44 d.C. Giacomo, fratello di Giovanni, e imprigionare Pietro (At 12,1-11). Morì improvvisamente a Cesarea nel 44 d.C (At 12,19-23). Alla sua morte la Giudea tornò ad essere una provincia romana.
I procuratori che si susseguirono in questo periodo furono altrettanto rapaci e violenti dei precedenti. Ricordiamo Marco Antonio Felice (52-60 d.C) sotto il quale avvenne il primo processo di Paolo (At 24,24-26) e Porcio Festo, suo successore (60-62 d.C.) sotto il cui governo Paolo fu inviato a Roma (At 24,27-32). Sotto il governo di entrambi ci furono violente ribellioni (At 21,38).
La prima rivolta giudaica (66-74 d.C)
Il comportamento del procuratore romano Gessio Floro (64-66) fece scatenare la rivolta. Egli fece numerosi gesti provocatori come attingere dal tesoro del tempio, costringere la popolazione di Gerusalemme a onorare le sue truppe, abbandonare la città santa al saccheggio. Durante una delle tante sollevazioni, nel 66 scoppiò una vera e propria rivolta sotto la guida del partito degli zeloti, che ebbe la meglio sul partito pacifista che considerava improponibile e assurda una guerra contro la potenza romana. Fu ucciso il sommo sacerdote Anania, considerato troppo moderato e sterminata la coorte di stanza a Gerusalemme. I romani furono colti di sorpresa perché non si aspettavano una reazione di questo tipo e i rivoltosi all’inizio ebbero la meglio anche in altre parti del paese. La comunità cristiana, probabilmente, si rifugiò a Pella in Transgiordania. Un anno dopo, i romani risposero con un enorme dispiegamento di forze: 60.000 uomini al comando di Vespasiano, che ebbe facilmente ragione delle resistenze in Galilea.
La guerra fu momentaneamente interrotta dalla sua nomina ad imperatore nel 69, ma fu poi ripresa dal figlio Tito, che pose l’assedio a Gerusalemme, in cui erano confluiti numeroso pellegrini per la pasqua. Giuseppe Flavio testimonia la crudeltà di questa guerra, con episodi durissimi da entrambe le parti, oltre al perdurare delle lotte interne tra le varie fazioni del giudaismo. Nel 70 però Tito, in luglio, prese la città che fu saccheggiata e il tempio distrutto, e i capi della rivolta giustiziati. La guerra si protrasse però ancora fino al 74, anno in cui, dopo due anni e mezzo di assedio, i romani spensero anche l’ultimo focolaio di ribellione, conquistando la fortezza di Masada, dove un gruppo di circa 900 zeloti si era rifugiato con le proprie famiglie. Essi preferirono uccidersi piuttosto che cadere prigionieri dei romani, quando dopo quasi tre anni di assedio questi, con opere immani per l’epoca, erano riusciti ad aggredire il muro della fortezza.
La Giudea cade di nuovo sotto il pieno giogo romano, che impone di pagare la tassa che prima era destinata al tempio per il tempio romano di Giove capitolino. Un vero e proprio oltraggio per i giudei che alcuni decenni dopo si ribellarono nuovamente.
La seconda guerra giudaica (132-135 d.C)
La decisione dell’imperatore Adriano di trasformare Gerusalemme in una città romana fu la miccia che innestò la seconda rivolta, guidata da un certo Simone, che rabbi Aquiba, una delle massime autorità del giudaismo, definì Bar Kokba, “figlio della stella”. Molti giudei credettero di riconoscere in lui il messia. All’inizio qualche successo non impedì ai romani di contrastare violentemente la rivolta fino alla capitolazione definitiva di Gerusalemme, che fu devastata, i giudei cacciati e la città rinominata con il nome di Aelia capitolina.
I giudei saranno riammessi a Gerusalemme solo dopo la svolta di Costantino una volta all’anno il 9 del mese di Ab (luglio-agosto) per ricordare la rovina del tempio.