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Betania
Santuario di S. Lazzaro

La tradizione cristiana ha conservato in questo luogo la memoria di una famiglia assai cara a Gesù: le sorelle Marta e Maria e il loro fratello Lazzaro, risuscitato da Gesù e di cui si venera il sepolcro.

La prima notizia su questo santuario ci è fornita da Eusebio di Cesarea (inizio IV sec.): “Betania. Villaggio al secondo miglio da Èlia (Gerusalemme), sulle pendici del monte degli Olivi, dove Cristo risuscitò Lazzaro. Ancora oggi vi si indica il luogo (la tomba) di Lazzaro”.

San Girolamo alla fine del IV secolo traduce questo passo e aggiunge: “Adesso vi è stata costruita una chiesa”. Celebre è la descrizione della liturgia dell’annuncio della Pasqua (Sabato di Lazzaro) contenuta nell’Itinerario della pellegrina Egeria: “Arrivati al Lazario, si raccoglie una moltitudine tanto grande che non solo il luogo stesso, ma i campi intorno si riempiono di gente. Si dicono inni e antifone adatti al giorno e al luogo e allo stesso modo si leggono delle letture. Quando è il momento del congedo si annuncia la Pasqua, cioè un presbitero sale su un luogo elevato e legge quel passo del Vangelo in cui è scritto: Sei giorni prima della Pasqua Gesù andò in Betania ecc. (Gv 12,1)”. Il nome Lazario, equivalente a “luogo di Lazzaro”, è preservato anche nel nome arabo odierno el-Azarieh.

In epoca crociata (nel 1138) un ricco monastero di benedettine sorse, coi favori reali, presso la tomba di Lazzaro. Di questo monastero si possono ancora osservare numerosi resti. Dopo la cacciata dei crociati, i musulmani si impadronirono del santuario trasformandolo in moschea.

Nel 1613 i francescani ottennero di poter scavare una galleria esterna (che è l’attuale ingresso) per rendere più facile la visita della tomba. Nel 1889 fu acquistata una parte dei ruderi del monastero e della chiesa (detta “Casa di Marta”), ciò che rese possibile gli scavi archeologici (padre S. Saller, 1949) e la ricostruzione della chiesa moderna (arch. A. Barluzzi, 1952-53).

Tratto da “Sulle orme di Gesù, guida ai santuari di Terra Santa”, Edizioni Terra Santa, Milano – pp. 103-108